L’umanità nella sua storia ha da sempre lottato contro l’oblio, minaccia della civiltà e del progresso. L’era digitale ha però cambiato tutto, compreso il senso del dimenticare, disegnando un mondo in cui ogni informazione è sempre attuale, sempre accessibile, sempre disponibile.
È in questo contesto che nasce il concetto di io digitale, ovvero la nostra rappresentazione in rete, riflesso del nostro io reale, il nostro primo biglietto da visita disponibile per chiunque faccia una semplicissima operazione: cercare il nostro nome e cognome su unmotore di ricerca. È la “stretta di mano digitale”, un passaggio fondamentale delle relazioni odierne, che condiziona ognuno di noi, sia nella sfera professionale che personale.
L’oblio oggi torna prepotentemente alla ribalta sotto forma di diritto sancito da una sorprendente sentenza emessa nel 2014 dalla Corte di Giustizia Europea, che consente ai cittadini europei di richiedere la rimozione dal motore di ricerca dei contenuti inadeguati, non pertinenti o non più pertinenti alla loro immagine attuale.
Nasce così la tentazione dell’oblio: la convinzione che rimuovere le informazioni sconvenienti dalla rete sia possibile e sufficiente per avere una buona identità digitale.
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