Papa Francesco comunica la nuova Costituzione Apostolica “Vultum Dei quaerere”, evidenziando una certa preoccupazione nei confronti dell’utilizzo dei social network da parte delle suore di clausura che invece dovrebbero concentrarsi sulla contemplazione : “Nella nostra società – scrive Francesco – la cultura digitale influisce in modo decisivo nella formazione del pensiero e nel modo di rapportarsi con il mondo e, particolarmente, con le persone. Questo clima culturale non lascia immuni le comunità contemplative. Certamente questi mezzi possono essere strumenti utili per la formazione e la comunicazione, ma vi esorto a un prudente discernimento affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessari“.
La risposta della già nota monaca di clausura Rosa Lupoli – a causa della polemica nata con la Littizzetto dopo l’abbraccio “troppo affettuoso” dato al Papa in un precedente incontro – non si fa attendere. La monaca ci tiene a sottolineare che Facebook è come la grata del convento, una finestra che serve per portare il conforto a chi ne ha bisogno. Insomma le suore capovolgono il famoso concetto di McLuhan e sostengono che l’importante è il messaggio – di Dio in questo caso- non il mezzo con il quale lo si comunica.
Ma siamo sicuri che sia così? Che si possa capovolgere il vecchio paradigma del famoso massmediologo? Siamo così sicuri che non sia il mezzo la cosa principale e non si possa prescindere dalle caratteristiche fondamentali che ogni “strumento di comunicazione” ha? WhatsApp, Facebook, Twitter, hanno delle caratteristiche intrinseche che portano necessariamente alla condivisione, all’essere sempre connessi, sempre reperibili, sempre sul pezzo, a modificare il messaggio per adattarlo al mezzo.
La suora infatti, sostiene di usare il suo profilo Facebook soltanto per pubblicare la meditazione del Vangelo, al mattino… ma poi aggiunge che si ricollega la sera per leggere i messaggi ricevuti, e poi legge in chat i messaggi dei fedeli, e che utilizza WhatsApp per parlare con chi ne ha bisogno.
Inoltre osservando la sua pagina si scorgono vari aggiornamenti in una stessa giornata, pubblicazioni di canzoni, pubblicizzazione di avvenimenti – certo riferite alle attività del monastero- recensioni di libri corredate da immagini, contenuti scelti e aggiornati con la cura di un social media manager. Siamo ancora così sicuri, come sostiene la suora, che l’utilizzo dei social network non modifichi il paradigma del pensiero delle monache di clausura che hanno promesso di dedicare la propria vita alla meditazione e alla preghiera, dietro le sbarre di un convento?
Se il Papa si preoccupa della reputazione online delle suore, forse aveva ragione McLuhan: il mezzo è il messaggio, e Facebook – come mezzo di comunicazione- è in grado da solo, a prescindere dal messaggio, di modificare il modo di pensare e vivere la vita, anche quella di clausura.