Come costruire il profilo vincente per le elezioni: nasce la politica big data driven e Facebook e Google ne possiedono le chiavi.
Il mio pezzo per Prima Comunicazione.
Tanta è la ricerca ossessiva del candidato perfetto che in Nuova Zelanda è nato Sam il primo politico robot. Con abile provocazione i suoi creatori hanno dichiarato di voler concorrere alle prossime elezioni. In realtà si tratta di una intelligenza artificiale, un software impalpabile, quindi non immaginate un automa luminescente alla “Guerre stellari”. Stando, inoltre, ai primi riscontri anche piuttosto primitiva. Ha due grandi doti, la prima è di ascoltare instancabilmente qualsiasi conversazione diretta a lui, anche migliaia alla volta, la seconda di avere una memoria pressoché infinita. Al di là della trovata di comunicazione, Sam prova a cimentarsi in una delle applicazioni di frontiera dei Big Data: la comprensione dei desideri della popolazione e la conseguente creazione del consenso. Dal punto di vista dell’obiettivo nulla di nuovo, in fondo Berlusconi con la sua discesa in campo ha portato le ricerche di mercato in modo massiccio nella scena politica. Ogni mossa pianificata e calibrata sulla base dei dati disponibili attraverso i sondaggi, ha portato in Italia la politica Data Driven. L’effetto, come tutti sappiamo, è stato dirompente. Oggi siamo all’alba della fase successiva e, se è vero che l’obiettivo non è nuovo, le modalità per raggiungerlo si discostano anni luce: mentre la ricerca di mercato sonda le opinioni di un campione relativamente esiguo di soggetti proiettandole su tutta la popolazione, l’utilizzo dei Big Data incrocia qualsiasi dato disponibile proveniente da qualsiasi sorgente cercando schemi comportamentali. Potenzialmente centinaia di milioni di dati, se non miliardi.
Una delle sorgenti preferenziali è sicuramente il web e la cosa bella è che i dati ci sono già e ce li mettiamo noi ogni giorno, con grande dovizia di particolari, senza che nessuno ce lo chieda. Questo li rende ancora più preziosi poiché sono spontanei. Al contrario, l’esito di una ricerca di mercato è sempre basato sulla sincerità della risposta che spesso, come sappiamo, viene meno. I social network sono i nostri moderni confessori attraverso cui raccontiamo i nostri desideri, ci lamentiamo dei disservizi, condividiamo aspirazioni, commentiamo l’ultimo fatto politico, polemizziamo, piazziamo like qua e là e condividiamo video. Ognuno di noi lascia una traccia che, se osservata con attenzione e soprattutto con gli strumenti adeguati, dice molto della persona, ben oltre di quanto potrebbe rivelare o dire di fronte ad una domanda diretta. Tutte queste tracce, raccolte attraverso tecnologie avanzate e poi processate attraverso algoritmi, consentono di delineare schemi di comportamento e di reazione. Nasce la politica Big Data Driven.
Immaginiamo con questi strumenti di voler costruire in laboratorio il nostro candidato perfetto: basandosi sui dati raccolti questo soggetto saprà parlare a target diversi della popolazione modulando il tono e i messaggi sulla base delle loro ansie, paure, speranze. Egli saprà a priori verso quale argomento queste persone sono statisticamente più sensibili, ricettive. Saprà a priori quali sono le tematiche, i comportamenti verso i quali l’avversario politico è percepito più debole. Può coinvolgere nel modo migliore gli influencer per ogni cluster. È un po’ come giocare a poker con le carte dell’avversario scoperte, il sogno di ogni baro. La politica Big Data Driven presenta un importante rovescio della medaglia: lasciata libera di inseguire il risultato senza alcun controllo etico/ideologico realizzerebbe una forma di democrazia diretta non partecipata. Diretta perché prenderà forma dai desideri della popolazione, non necessariamente nobili, disinteressati o evoluti. Non partecipata perché non deriverà da partecipazione attiva pubblica, ma sarà frutto di sofisticate analisi di correlazione che porteranno alla luce la pancia del Paese. In futuro temo che molto si giocherà su chi avrà in mano il miglior database attraverso cui intercettare argomenti e strategie vincenti.
Quindi la domanda chiave: “Chi può costruire oggi il candidato ideale?” può essere riformulata in: “Chi ha i migliori dati in mano?”. Per rispondere dobbiamo considerare che fino a questo punto abbiamo parlato dei dati disponibili, che in realtà sono solo una piccola frazione dei reali dati totali. C’è, infatti, un universo di informazioni che non vediamo ma che è molto più importante, ad esempio cosa un utente legge e su quali contenuti si sofferma di più, quali e quanti video politici ha visto, quali ha guardato più volte o a che punto ne ha interrotto la visione. Immaginate di avere sotto mano la lista precisa di tutto quello che una persona ha cercato nel web durante una giornata, tutto quello che ha letto e i siti sui quali si è soffermato. Questo tesoro esiste e solo due player ne hanno la chiave: Facebook e Google. Loro con buona probabilità sanno già per chi voteremo o se ci asterremo. Loro hanno già il potere di creare in laboratorio l’uomo giusto: il candidato perfetto.
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