La mia analisi su Prima Comunicazione di novembre 2019.
Le poche certezze che questi tempi ci regalano sono i saldi e l’eterno ritorno della questione dell’anonimato nei social. Il tema è stato riproposto dal deputato Luigi Marattin anche a seguito della grandissima polemica intorno alla Commissione Segre contro l’odio razziale online. Evidentemente non ha letto l’etichetta “Materia delicata, maneggiare con cura e competenza” e con il passo tipico della attuale politica, molto impulsiva e poco riflessiva, poche ore dopo sul sito di Italia Viva si lanciava una petizione per chiedere l’accesso ai social solo tramite carta di identità. È proprio vero che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Per firmare la petizione, però, non c’era bisogno di carta di identità. E così hanno firmato anche Batman, Grande Puffo e Tinky Winky. Il contrasto ironico è pregevole. Marattin è stato bersagliato, a viso aperto, da molti commentatori ed esperti web che hanno difeso le ragioni dell’anonimato tacciando la sua proposta di oscurantismo, nel migliore dei casi. Ha però anche raccolto a quanto pare un discreto consenso popolare, con il 54,8% che si dichiara disposto a consegnare il suo documento al social di turno per essere identificato preventivamente. Chiaramente nessuno di questi è parte del problema. Ciononostante questo 54% è molto preoccupante, denota una scarsa conoscenza del tema e una risposta del tutto emotiva e superficiale. Serve far chiarezza. Vi sono sei ragioni per cui la questione è del tutto mal posta.
Primo: si cerca di combattere l’anonimato in rete ma l’anonimato non esiste! È come fare una legge per bloccare il mostro di Loch Ness. Quando siamo connessi con il nostro telefono anche se abbiamo un account che abbiamo chiamato Batman (eh sì, abbiamo votato proprio noi sul sito di Italia Viva) questo è legato ad un contratto telefonico nominale, i nostri dati sono pacchetti che viaggiano attraverso gli apparati dei provider che lasciano tracce ben precise, tecnicamente il nostro indirizzo IP. Siamo connessi ad una antenna locale quindi c’è persino traccia di dove siamo durante la giornata. Minuto per minuto. Pensiamo di essere anonimi solo perché abbiamo messo un nome finto? La nostra presunzione è dettata dall’ignoranza dei meccanismi tecnici e si infrange alla prima occasione in cui dall’altra parte c’è qualcuno che ha sufficienti motivi per trovarci. L’unico modo di essere anonimi oggi è staccare ogni apparato elettronico (potete tenere il frullatore se non è avanzato). Marattin, incalzato sul tema, ha poi obiettato che l’indirizzo IP non è sufficiente per rintracciare un’utenza: questo è un esempio di verità non significativa usata per dedurre il falso. Per essere più chiari ciò è vero solo per uno strettissimo numero di soggetti professionali molto skillati in grado di manipolare le reti. Questi poi non avrebbero alcun problema ad aggirare la questione della carta d’identità a spese di qualche maldestro malcapitato. Per il restante 99.9% della popolazione l’anonimato è una corazza di carta.
Seconda ragione: la giurisdizione. La legge italiana ha giurisdizione nel territorio, non possiamo normare un’entità privata con sede legale posta su altre nazioni. Imporre una procedura per cui i social network devono acquisire i dati di identità per operare è un qualcosa a cui non si è arrivati nemmeno in Russia. Sono punti non superabili.
Terza ragione: la privacy. Ammettiamo di avere una bacchetta magico-giuridica e realizzare questo miracolo, si arriverebbe al paradosso per cui daremmo tutte le nostre anagrafiche di dettaglio comprese di residenza e fattori biometrici ad un ente privato. Un potere enorme, si chiude un buco e si apre una voragine. Sarebbe inoltre la tomba definitiva della privacy (che già versa in condizioni critiche).
Quarta ragione: contrasto alle fake news. È una misura semplicemente inefficace. Per fermare le fake news bisogna tracciare il contenuto, non i portatori di secondo e terzo livello. Sarebbe come tagliare i germogli pensando con questo di eliminare la pianta dannosa.
Quinta ragione: il web non sono solo i social. Ammesso di normare un paio di canali social c’è un intero universo fuori controllo. Mettere un blocco sui primi significa soltanto spostare il problema in un luogo molto più frammentato e non controllabile.
Sesta ragione: la libertà di espressione. Quante battaglie sono state condotte in questi anni grazie all’anonimato online? Pensiamo alla Primavera araba, alla lotta di migliaia di persone contro i regimi totalitari passata anche attraverso la Rete. Marattin interrogato dal Corriere su questo suo progetto parlamentare, alla giornalista che gli chiedeva se fosse già stato contattato qualche esperto, ha risposto candidamente di no: “Per ora è solo stato dato l’annuncio, ma sicuramente lo faremo”. Questo da solo spiega tutto.