Il nostro commento alla classifica annuale Top Manager Reputation su L’Economia del Corriere della Sera.
Il 2020 è sicuramente un anno che passerà alla storia, ha posto il mondo intero davanti a nuovi interrogativi, accelerando alcuni processi in atto e rallentandone altri. Per i manager la sfida è stata senza precedenti, ognuno ha dovuto navigare in acque non mappate prendendo decisioni difficili, sempre in bilico tra sicurezza, valori e mercato. Garantire la sola continuità operativa non è stato affatto banale. In questa fase di smarrimento collettivo è emerso un trend chiaro, la figura del top manager è in evoluzione passando da guida dell’azienda a riferimento anche per la società. La trasformazione era già silenziosamente in atto, è l’esito della crescente attenzione alla sostenibilità, una convergenza che non poteva non toccare il ruolo delle figure apicali. I nuovi top manager non devono più essere un riferimento solo per l’azienda ma anche per il Paese, testimoniando in modo attivo e diretto i valori che rappresentano. Un ruolo di grande responsabilità e complessità, una leadership attiva, che scende in campo, si sporca le mani, dice cose anche scomode e non resta arroccata dietro una scrivania. Come Giorgio Armani che ha dichiarato che “le donne oggi sono regolarmente stuprate dagli stilisti, e mi ci metto anch’io”, aprendo un dibattito sul ruolo del corpo femminile nella moda. Oppure la proposta di un “nuovo contratto sociale con il Creato” avanzata da Brunello Cucinelli o ancora l’Ad di Enel Francesco Starace che ha firmato, insieme ad altri top manager europei, una lettera alle istituzioni Ue per chiedere un’Europa più resiliente, digitalizzata, prospera e sostenibile. Guardando Oltreoceano, le mobilitazioni pro Black Lives Matter e il sostenere l’importanza del voto alle ultime elezioni presidenziali sono il simbolo di un cambiamento in corso da tempo. Si sta facendo largo l’idea che il brand non debba essere finalizzato solo al profitto, ma debba avere uno scopo all’interno del tessuto in cui opera, in tal senso la reputazione oggi non si costruisce solo con le performance ma deve abbracciare uno scopo, una visione del mondo, un “purpose” per dirla in modo anglosassone. In questa dimensione sono i CEO il punto di contatto con la società, la connessione umana. Questa nuova forma di leadership sarà un asset chiave nella partita, la transizione è iniziata e su questo campo si giocherà il 2021.