Che cos’è e perché può rivoluzionare i paradigmi più di quanto abbiano fatto i social. Una sfida per i comunicatori. Ne parliamo nella rubrica mensile per Prima Comunicazione.
Si parla molto di Metaverso ultimamente ma ho l’impressione che se ne parli in modo molto astratto e confuso. Proviamo a rispondere concretamente a due domande chiave: Che cos’è il metaverso? Come potrebbe cambiare il mondo della comunicazione? Anzitutto sgombriamo il campo da un malinteso astutamente creato, il Metaverso non l’ha inventato Zuckerberg. La prima teorizzazione del metaverso è invece datata 1992 in un romanzo fantascientifico di Neal Stephenson. Da allora si è evoluto, soprattutto tra comunità di giovani, fuori dal radar dei teorici del pensiero e delle istituzioni. In effetti ricorda molto la parabola dei social network a differenza che questi ultimi sono partiti dopo ed esplosi molto prima. Zuckerberg in questo caso non guida la rivoluzione in atto, ma la insegue.
Il Metaverso è una ipercomunità, tra reale e virtuale, in cui ognuno si muove attraverso avatar, dove si intrecciano relazioni, interessi, attività, si ha un sistema economico interno agganciato a valute reali come Euro, Dollari o criptovalute. Alcuni la definiscono una realtà virtuale, ma credo sia più appropriato parlare di realtà aumentata poiché tende ad incrementare le dimensioni esistenti piuttosto che a rappresentarle. Siamo chiaramente di fronte ad un concetto potente che evolverà nel tempo e ci porterà ancora una volta verso strade inesplorate. Ora siamo in una fase di transizione, quella prima dell’adozione su larga scala.
Il metaverso è un’ipercomunità avvolgente poiché non è fatta solo di interazione come nei social network, ma ha anche di una dimensione di attività in cui si sviluppa un vero e proprio alter ego. Spesso il metaverso è per l’individuo più gratificante della realtà. Possiamo capire a quali estremi questo concetto possa portare, soprattutto per le psicologie più deboli. Questo, temo, sarà in futuro un tema cruciale. Del resto da tempo ne possiamo scorgere i segni, in Giappone esiste un termine “hikikomori”, letteralmente stare in disparte, che descrive chi decide di ritirarsi dalla vita sociale rinchiudendosi nella propria abitazione, spesso in questi mondi alternativi.
Un’altra differenza importante è che mentre con i social network l’io reale è il protagonista, ok quello patinato, al contrario in questi nuovi mondi si può essere chiunque ridefinendosi oltre i confini fisici. In pratica siamo di fronte ad una evoluzione della rete che integra relazioni, proiezioni, contenuti, gioco, economia, acquisti tutto nello stesso luogo. I leader del gaming in tal senso sono in vantaggio poiché sono stati i primi ad aver sviluppato il concetto da molti anni. Qui si complicano le cose per i brand e i comunicatori.
Anzitutto non c’è un solo Metaverso, essendo ipercomunità ne esistono già molte, Epic Games, Rockstar Games o Mojang. Se il loro nome non vi dice nulla, riprovo con Fortnite, Grand Theft Auto e Minecraft, le loro creazioni. Non lasciatevi ingannare da questi nomi il metaverso non è un videogioco, è molto altro. Per i comunicatori il passaggio è evolutivo, si passa dallo storytelling alla gamification per una esperienza più attiva e totalizzante. Microsoft ha sviluppato due progetti che promettono di rivoluzionare il remote working. Disney vuole trasformare la propria piattaforma streaming in un metaverso. Nike lavora per creare un mondo ideale fatto di competizioni sportive e socialità. E sneakers da vendere. In Cina a fare da padrone è Tencent. L’azienda detiene metà di Roblox, la piattaforma che consente ai propri utenti di socializzare e creare il proprio mondo immaginario. Dopo la quotazione, Roblox è arrivata a valere 41 miliardi di dollari, il doppio di Epic Games-Fortnite. Negli ultimi mesi, inoltre, la società ha registrato circa cento marchi relativi al metaverso, seguita a ruota da Alibaba. ByteDance (TikTok) ha investito milioni di dollari in startup di realtà virtuale e gaming.
Bloomberg Intelligence stima che il mercato del metaverso entro il 2024 potrebbe raggiungere gli 800 miliardi di dollari. Cambia il paradigma economico: oggi le big tech si reggono su un modello ad advertising, nel Metaverso questo concetto è praticamente assente. Ogni elemento deve essere esperienziale ed inserito in modo organico nell’ipercomunità. Sfida potenzialmente letale sia per i giganti come Facebook che per tutti i brand. Adattarsi ed evolvere, questo sarà il mantra. Gucci, ad esempio, all’interno di Roblox ha creato Gucci Garden un giardino virtuale in cui gli avatar degli utenti potevano indossare e acquistare prodotti della maison. Una borsa acquistata su Roblox a 6 dollari è stata rivenduta a oltre 4 mila. Seul aprirà il proprio Metaverse 120 Center, una piazza virtuale dove i cittadini potranno partecipare a eventi digitali e usufruire dei servizi della pubblica amministrazione direttamente da casa.
Benvenuti nella prossima evoluzione.
La mia rubrica mensile su Prima Comunicazione: