Il web è come il diamante: è per sempre. C’è quando sentiamo l’impellente bisogno di immortalare il fritto misto nel piatto, quando non possiamo fare a meno di esternare le nostre opinioni, quando festeggiamo un risultato sportivo. Ma c’è anche quando ci candidiamo per una posizione lavorativa, quando cerchiamo finanziatori, quando tentiamo di allargare la nostra clientela. E alla prima ricerca inopportuna salta fuori quello che non vorremmo.
«Ormai qualunque azienda, qualunque manager, qualunque professionista vive della sua fotografia digitale: qualsiasi azienda, persona, prodotto o situazione si approcci, la prima cosa che si fa è cercarla su Google», conferma a Economy Auro Palomba, founder e presidente di Community, da 20 anni azienda leader nel mondo del reputation management al fianco di importanti famiglie imprenditoriali italiane e di grandi gruppi internazionali, finanziari, industriali. […]
Non fatevi illusioni: «Scomparire in quest’era in cui internet è così soverchiante non solo è impossibile, ma è anche vano», spiega a Economy Andrea Barchiesi, ingegnere elettronico prestato al marketing e alla comunicazione, founder (nel 2004) e a.d. di Reputation Manager – oggi, dopo la joint venture con Community, Reputation Science – nonché autore del volume “La tentazione dell’oblio”: «e restare fermi, senza fare nulla, non solo è inutile, ma è anche controproducente. Se non compari non esisti». Il che non significa che non si possano eliminare dei pezzi. Ma si può comunque fare molto: «Attraverso l’ingegneria reputazionale, che parla il medesimo linguaggio tecnico della rete e dei motori di ricerca, è possibile plasmare, come fosse un edificio, la propria immagine», chiarisce Barchiesi. «Si parte dallo studio profondo di tutto quello che un’entità ha fatto – impresa, manager o professionista che sia – con una mappatura completa delle negatività presenti per poi, attraverso tecniche legali o mediazione, provvedere alla riduzione della massa disinformativa, facendo in modo che vengano cancellate e in parallelo inserire delle informazioni mancanti, come la partecipazione a un convegno importante e di rilievo. Niente è vecchio sulla rete: tutto dà l’impressione di essere attuale e vero, anche se si tratta di un curriculum di dieci anni prima o di un profilo LinkedIn falso».
L’articolo completo e la mia intervista integrale su Economy:
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