Il caso Ferragni è la tempesta perfetta che ha portato alla ribalta i problemi legati all’aspetto valoriale dei messaggi di questi nuovi soggetti. Hanno il potere di educare e quindi è necessario tenere sotto controllo il loro operato.
Nella crisi Ferragni si è scatenata la tempesta perfetta a causa della convergenza di molti elementi potenzialmente esplosivi che hanno portato alla deflagrazione cui stiamo assistendo.
Il primo è l’enorme esposizione mediatica del soggetto, che ha scelto da sempre di mostrare ogni dettaglio della sua vita e di farlo diventare in qualche modo il suo marchio di fabbrica. La sua comunicazione era strutturata come un Truman Show immersivo in cui il fan era invitato a entrare e condividere il quotidiano patinato ed esclusivo fatto di piccole cose anche semplici, ma semplici solo all’apparenza. Tutto questo ha caricato la molla di un interesse a tratti quasi morboso.
Il secondo punto tocca il tema etico su cui in questo momento storico c’è grandissima sensibilità da parte delle aziende e della società in generale.
Tre. Chiara Ferragni non rappresenta solo se stessa, ma una categoria su cui ci sono da sempre molte ombre, quella degli influencer.
Quattro. Il brand si è posto come valoriale abbracciando temi etici e offrendo una visione più solidale, aveva fatto del sociale e della beneficenza un suo posizionamento differenziante ed è caduto proprio su questo. Non è un dettaglio da poco poiché incorrere in un problema serio, su un aspetto che si è messo a pilastro della propria identità causa un effetto domino sulla credibilità: tutto viene riletto sotto questa luce e considerato inautentico.
Quinto fattore esplosivo: la coppia Ferragni-Fedez, che attrae più detrattori dei due soggetti presi singolarmente, comprese le frizioni con la politica. Hanno creato un sistema reputazionale binario, che è una cosa nuova, somma le forze ma rende le entità correlate. Anche per Fedez c’è in tal senso un riverbero negativo molto forte.
Sei. L’invidia sociale latente verso una vita dorata e la sua esposizione costante, che si rivela oggi un boomerang. La società civile nel suo complesso fa molta fatica ad accettare il successo ostentato, la ricchezza e la narrazione del lusso, soprattutto in un momento economico di stress con l’inflazione che ha toccato livelli alti riducendo il potere d’acquisto reale. Lo tollera finché è meritocratico ma nel momento in cui sembra basato su un inganno tutto cade come un castello di carte e dove c’era merito si legge solo inganno e truffa. Anche in modo eccessivo francamente, ma la psicologia sociale è così, una massa emotiva che riscrive il bianco con il nero, senza le debite sfumature. Certamente anche a causa dei fattori già enunciati.
La serialità che dà il colpo di grazia, tutto viene rivisto sotto un’altra luce e una serie di occasioni precedenti di campagne benefiche vengono riprese e messe in discussione. Siamo di fronte a una crisi atipica, che procede per strappi, inizialmente crescenti, che diventa una storia, una narrazione. Alcuni dati significativi. A un mese dallo scoppio del caso, il tema ha generato più di 60 K di contenuti Online in Italia. Il picco volumetrico maggiore è quello registrato nei giorni tra il 18 e il 20 dicembre, in occasione delle nuove accuse di Selvaggia Lucarelli e del videomessaggio di scuse pubblicato da Chiara Ferragni, che rappresenta in assoluto il picco più alto.
Analizzando ora la curva caratteristica di questo evento di crisi, possiamo identificare anzitutto un comportamento anomalo nella sua evoluzione, in genere il picco è nelle fasi iniziali, qui invece si riscontra una crescita a step incrementali.
Vi sono sette punti chiave nella curva. Eccoli.
1. Sanzioni Antitrust alle società riconducibili a Chiara Ferragni e a Balocco per pratica commerciale scorretta. Giorgia Meloni critica ‘gli influencer’. Fedez interviene difendendo la moglie e accusando la premier.
2. Le rivelazioni di Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano: nuove accuse circa una sponsorizzazione dell’influencer simile a quella di Balocco, con le uova di Pasqua di Dolci Preziosi, amplificano la vicenda, facendo impennare la curva che in realtà stava scendendo.
3. Chiara Ferragni pubblica un videomessaggio di scuse e annuncia la donazione di un milione di euro all’ospedale Regina Margherita. È il picco più alto del periodo, con un sentiment prevalentemente negativo. La comunicazione presenta un messaggio di scuse, corretto nella forma ma non piace soprattutto l’estetica del video, che appare troppo distante dalla sua abituale immagine con l’effetto di risultare poco autentica e credibile.
4. Le reazioni di personaggi di spicco sulla vicenda. Discussioni sull’impatto dei social media, sull’importanza della verifica delle informazioni, sul comportamento dei consumatori e sulla necessità di una maggiore trasparenza nella pubblicità. Analisi dei potenziali effetti dello scandalo sulla carriera e sulla reputazione della Ferragni.
5. La Procura di Milano indaga anche sulle attività della Ferragni legate alle uova di Pasqua. Safilo Group comunica l’interruzione dell’accordo di licenza per le collezioni eyewear a marchio Chiara Ferragni. I meme sulla vicenda diventano sempre più virali. Lo Street artist TvBoy crea un murale che critica l’opera di beneficenza della Ferragni e l’uso dei social media per l’autopromozione.
6. Coca-Cola, che aveva scritturato l’influencer per uno spot, decide di sospendere la collaborazione con Chiara Ferragni. La Trudi Limited Edition di Chiara Ferragni finisce sul tavolo delle indagini.
7. Chiara Ferragni è indagata per truffa aggravata, nell’ambito dell’indagine della Procura di Milano sul caso del pandoro. L’ospedale Regina Margherita di Torino ha ricevuto il milione di euro donato da Chiara Ferragni. Siamo di fronte a un caso di crisi intensa ed estesa con un indice di crisi 7.32/10 che tocca più dimensioni: brand, governance, giudiziario, stakeholder e perfino politica, visto che il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta sulla vicenda e a seguire si sono espressi anche molti altri esponenti politici. La scala è molto simile a quella dei terremoti, l’andamento non è lineare ma da un grado all’altro l’intensità è dieci volte superiore. Per fare un esempio, tra un grado cinque e un grado sette si ha un impatto superiore di cento volte circa.
Le ripercussioni sulle diverse aree sono naturalmente differenti, il brand è già investito al 100%, la questione giudiziaria è in fieri così come le conseguenze sul mercato e la posizione degli stakeholder. È importante poi specificare che quando una crisi è in corso alcune dimensioni possono cambiare e vanno quindi monitorate nel tempo, perché variano a seconda delle evoluzioni della vicenda (ad esempio, quelle giudiziarie o le conseguenze sul mercato o verso gli stakeholder; il numero di brand che decide di abbandonare Ferragni può crescere).
Allo stato attuale delle cose questa è la ‘forma’ della crisi, che ci offre una chiara indicazione non solo sulla portata ma anche su quale possa essere il suo sviluppo nel tempo. In tutta questa vicenda sotto accusa non ce solo la Ferragni e un sistema di usare la beneficenza, ma tutto un mondo, quello degli influencer, che fino a ora si è sempre posizionato al di fuori degli schemi tradizionali.
Influencer: un mondo senza regole
Questo caso è solo l’innesco di un tema molto più ampio, che abbiamo da sempre messo in luce, quello dell’aspetto valoriale degli influencer. Non conta solo quanto seguito si ha, ma cosa si comunica, che valori si portano nel messaggio e nella società civile. Non parliamo solo di etica, ma di qualità del contenuto, che può essere disvaloriale a vari livelli.
Se la reputazione di un influencer è intaccata sul piano etico, questo limita fortemente le sue possibilità. La reputazione è come una licenza a operare nel mercato, nel momento in cui viene persa la società civile ti spegne. Non è solo una questione di comunicazione. Le aziende oggi sono infatti tenute a rendicontare tutte le ricadute delle loro attività sul piano dei principi di sostenibilità che, ricordiamo, non significa solo impatto ambientale ma anche impatto sulla società in generale. Va da sé che non è più possibile, oltre che opportuno, associare il proprio brand a un soggetto disvaloriale.
Nel caso Ferragni abbiamo infatti iniziato ad assistere all’abbandono dell’influencer da parte di alcuni brand che hanno deciso di interrompere la collaborazione in seguito alla vicenda del pandoro.
Inoltre, la questione etica pone un problema sociale più generale, che ci riguarda tutti. Gli influencer, questi nuovi soggetti mediatici, parlano direttamente alle nuove generazioni, che non leggono i giornali e non guardano la tv, ma seguono il mondo Online. Hanno quindi di fatto il potere di educare e per questo dobbiamo interrogarci con estrema serietà sui messaggi che stanno veicolando. La comunicazione degli influencer in generale è una zona grigia, non ancora adeguatamente regolamentata, a differenza di altri media, ma è evidente come la rotta vada invertita.
Le linee guida pubblicate dall’Agcom vanno verso una regolamentazione più stringente della comunicazione degli influencer e della sua trasparenza, prevedendo un’indicazione chiara dei contenuti a carattere pubblicitario e l’avvio di un tavolo tecnico per l’adozione di un codice di condotta cui gli influencer dovranno attenersi.
Si tratta di una primissima idea, che fa sorgere però almeno un paio di interrogativi. Andrà approfondito meglio, ad esempio, l’ambito di applicazione, che per il momento si riferisce agli influencer con almeno un milione di follower. A parte i cosiddetti ‘mega’ influencer, esistono però una moltitudine di soggetti (definiti ‘macro’, ‘micro’ e ‘nano’ influencer), con un seguito più contenuto – parliamo in ogni caso di migliaia di persone – ma comunque in grado di influenzare il proprio pubblico. Anche la loro produzione di contenuti va regolamentata adeguatamente.
Inoltre, c’è il tema dell’intelligenza artificiale e dei cosiddetti ‘Virtual influencer’, soggetti creati dall’AI ma che interagiscono con le persone tramite social. Il loro valore di mercato è di 4,5 miliardi di dollari nel 2023 e si stima che arriverà a ben 37 miliardi nel 2030 – a fronte di un valore attuale di 21 miliardi generato da influencer e content creator nel mondo. Un nuovo scenario che, se da un lato fa gola a molte aziende, sia in termini di risparmio economico (un’indagine Meta ha calcolato una riduzione dei costi del 91% per persona utilizzando un influencer virtuale in una pubblicità), sia in termini di controllo sui contenuti che si potrebbe avere utilizzando influencer creati a tavolino, sia dal punto di vista etico e legale: chi è responsabile di eventuali errori dell’influencer virtuale? Non abbiamo ancora regolamentato un fenomeno e già ci troviamo di fronte alla sua smaterializzazione che apre scenari legali mai affrontati. Anche questo va discusso ora.
La mia rubrica su Prima Comunicazione.