Il tonfo di Deliveroo pochi minuti dopo il debutto alla Borsa di Londra è imparentato con gli scioperi dei lavoratori Amazon: una lezione per le aziende del food delivery e non solo. La mia intervista a Senza Filtro.
Era stato presentato come un debutto da record, il più alto dal 2013 nella borsa di Londra, ma la quotazione di Deliveroo si è rivelata un flop. Fino a un mese fa la valutazione era di 8,8 miliardi di sterline, ossia 10,50 miliardi di euro. Il valore dell’offerta pubblica iniziale (Ipo) era di 7,6 miliardi di sterline, pari a 8,9 miliardi di euro, ma dieci minuti dopo l’apertura della contrattazione aveva già perso il 30%. Il range iniziale per l’azione singola, di 3,90 – 4,60 sterline, è stato abbassato a 3,90 – 4,10 sterline, ma il prezzo finale è stato di 2,87 sterline.
Le motivazioni dietro questo flop sono dunque da cercare al di fuori della finanza. Per capire meglio il perché del fallimento delle quotazioni di Deliveroo abbiamo intervistato Andrea Barchiesi, esperto di analisi e gestione della reputazione digitale e fondatore di Reputation Manager.
“Oggi i temi della sostenibilità, intesa non solo in senso ambientale, ma anche nei confronti dei dipendenti, incidono molto sulla reputazione di un’azienda”, ci spiega Barchiesi, “ma non per un fatto sociale. Non siamo di fronte a un risveglio improvviso di coscienza sociale da parte delle multinazionali; semplicemente le tematiche ESG sono diventate sensibili al consumatore finale, quindi anche agli investitori. Un gioco di sponda, come nel biliardo. Non è un’importanza culturale, ma perché i fondi che investono in società ESG hanno dimostrato di avere performance superiori. La finanza moderna si è quindi evoluta premiando questo aspetto. Il contrario viene penalizzato”.
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